Black Tail recensiti su Rockol! (Studio di Mastering, Mastering Online, Mix Online)

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Io e Roberto ci siamo chiusi in in sala prove per tre mesi, scrivendo tutto il materiale dal nulla. Abbiamo deciso operare in maniera totalmente diversa dal nostro esordio, che invece era stato registrato in presa diretta in soli tre giorni. Ci siamo trovati a dover ragionare in maniera organica sulle parti, ciò ci ha consentito di aprire la gamma sonora ad altre influenze che amiamo da sempre e che forse non erano così evidenti in “Springtime”.

I Black Tail sono Cristiano Pizzuti e Roberto Bonfanti. “Springtime”, il loro album d’esordio, è datato 2015: l’alt-folk, gli Wilco e i Teenage Fanclub sono il campo da gioco, i punti di riferimento. A due anni di distanza i due tornano con un nuovo lavoro, nove pezzi che riprendono in mano il filo del discorso per portarlo a nuovi livelli di profondità: nasce così “One day we drove out of town”.

L’album racconta la necessità di trovare una corrispondenza in ciò che si muove intorno a noi, anche, se non soprattutto, quando ciò significa sentirsi contemporaneamente parte di realtà infinitamente o infinitesimamente divergenti.

Nei fatti, parliamo di un album dall’inconfondibile impronta americana, il cui alt folk dei primi tempi si tinge sempre più di rock, con quella scarica elettrica che effettivamente impreziosice un po’ il tutto. Registrato in varie sessioni tra il novembre 2016 e marzo 201 al VDSS Studio, “One day we drove out of town” è stato prodotto da Pizzuti (voce, chitarra, tastiere) e Bonfanti (batteria), in collaborazione con Filippo Strang, Luca Cardone, Simone Sciamanna e Ettore Pistolesi. L’opening “Sleepy volcano” imposta immediatamente il cruise control su una velocità che permette di apprezzare il paesaggio (americano) che scorre fuori dal finestrino. I Teenage Fanclub effettivamente tornano a farsi sentire, almeno tanto quanto gli Wilco, le due band che più di tutte hanno segnato e tutt’ora segnano il percorso dei Black Tail, ma va benissimo così. “Spider/Galaxy” profuma della stessa libertà che ha fatto grandi i Sebadoh e pure i Pavement. E via di questo passo, perché oramai ci siamo capiti: la compassata ballad “Text walking lane” regala un po’ di malinconia perché fa pensare a Elliott Smith; fortunatamente la bella e divertente “Campfire” arriva giusto in tempo per rischiarare il panorama, mentre “Downtown” ha un qualcosa dei Built To Spill, quel tocco di ruvidità che la rende speciale nel computo dei nove pezzi. “A fox”, la seconda ballad del disco, è la prova di quanto il duo Pizzuti/Bonfanti abbia perfettamente imparato la lezione impartita dagli anni Novanta, “Slippery slope” trasuda Tweedy da tutte le parti, abbastanza da colorare “Wild creatures” nuovamente di Wilco (e un po’ di Band of Horses, se mi è concesso). “Sycamore” invece apre una sorprendente finestra sui “Beatles” ma direi che questo è un discorso a parte e il pezzo andrà inquadrato meglio più avanti, magari con alla luce del prossimo lavoro.

E qui si può tranquillamente chiudere, tornano all’oggi e promuovendo in pieno un disco che se dalle nostre parti suona forse un po’ fuori luogo è solamente perché sappiamo da dove arriva. Che poi alla fine… da dove arriva conta davvero poco. Conta come suona, e “One day we drove out of town” suona proprio bene.

TRACKLIST

01. Sleepy volcano
02. Spider/Galaxy
03. Text walking lane
04. Campfire
05. Downtown
06. A fox
07. Slippery slope
08. Wild creatures
09. Sycamore

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